Consapevolmente | Deprogramma la mente con L’Enneagramma
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Deprogramma la mente con L’Enneagramma

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Ti presentiamo in anteprima l’introduzione  scritta da Malcolm al libro che stiamo ultimando, in cui racconta come siamo entrati in contatto con questo insegnamento

 

 

 

IL NOSTRO INCONTRO CON IL SUFISMO E L’ENNEAGRAMMA

 

Curate l’albero dell’amore e lasciatelo crescere così che vi copra, 

nel mondo speciale delle correnti d’amore, qui e nell’aldilà. 

Inoltre, quella corrente d’amore raggiungerà l’oceano dell’amore. 

Infiniti oceani d’amore. Ci nuoterete e non vi farà annegare come gli oceani qui. No!

 Vi darà più dolcezza, più gioia, più freschezza, più pace, più amore.

– Maulana Shaikh Nazim

 

 

La fortuna, il caso o il destino vuole che l’incontro con l’Enneagramma per me sia avvenuto su più piani e a più riprese culminate con l’insegnamento diretto di due maestri dello stesso lignaggio dal quale Gurdjieff stesso apprese tale conoscenza. Questi maestri sono Shaykh Burhanuddin e Hajjah Hamida allievi del successore di Granshaykh Abdullâh, il 40° ed ultimo maestro dell’ordine Naqshbandi, Shaykh Muḥammad Nazim Adil noto come Maulana (guida spirituale) che ho avuto il privilegio di incontrare personalmente. L’ordine dei Sufi Naqshbandi (che significa Maestri d’amore) è quello che, stando alle scritture, ha conservato per centinaia di anni il segreto del Enneagramma.

Il mio primo incontro con questa tradizione è avvenuto con Shaykh Burhanuddin ed è stato folgorante. “Shaykh” è il termine che viene utilizzato per definire il maestro e in assonanza con il termine inglese “shakerare” è colui che è in grado di scuoterti dalle fondamenta. Mi sono sentito come trasportato da un onda larga e profonda che con il suo lento incedere mi sosteneva senza bisogno di dire. Partecipai ad un incontro da lui tenuto per curiosità su suggerimento di un’amica e compagna di ricerche spirituali, senza la benché minima intenzione di farmi catapultare nel mondo islamico che a quell’epoca mi pareva una cosa da fanatici integralisti.

Non appena ho incontrato gli occhi di ghiaccio di Shaykh Burhanuddin però, mi sono tremate le vene ai polsi e mi sono arreso.

Senza comprendere molto con la mente razionale mi sono trovato nel bel mezzo di un rito di iniziazione Sufi nel quale mi sarebbe dovuto essere assegnato da lui stesso un nome spirituale che sancisse la mia entrata nell’ordine Naqshbandi.

Tra canti ipnotici e movimenti estatici, quando fui dinanzi al maestro, egli mi guardò e  disse: “Non capita spesso, ma non so che nome consegnarti, recati dal mio Maestro Maulana, sarà lui a dartelo.” 

Sheikh Burhanuddin a 18 anni invitò nella sua città natale in Germania, il Gran Maestro e guida mondiale dell’ordine Naqshbandi, Maulana Shaykh Nazim. Quando lo vide per la prima volta svenne in mezzo alla strada e Burhanuddin è un tipo parecchio tosto, un enneatipo 8. Incontrare un Maestro, un santo, che è andato oltre le paure e vive nella libertà dell’Amore è un’esperienza indimenticabile che cambia la vita.

Uscito da quel seminario mi sentivo, potrai immaginarle, come se mi fosse passato sopra uno schiacciasassi. Tutte le mie certezze di psicologo attento alle categorie della ragione e ricercatore in ambito “spirituale” vennero spazzate via. Nella mia carriera mi ero addentrato in insegnamenti molto arditi ed esoterici ma sempre in ambito gnostico, induista e buddista e sempre riparandomi dietro l’ombrello della razionalità.

La mistica islamica mi pareva una cosa troppo distante in termini di forma e contenuti e forse troppo “pericolosa”. Come disse Shaykh Burhanuddin stesso, con il suo fare tra l’ironico, la dolcezza e lo spietato: “Fare yoga e meditare è di moda, se ti inginocchi in direzione di La Mecca cinque volte al giorno e preghi Allah sei invece un vero outsider. Questo siamo, noi tutti dervisci (i discepoli del sufismo), gente smarrita che cerca la strada per Casa”

A quel punto mi trovai di fronte ad un bivio: bollare anche questa esperienza come una delle tante avventure spirituali esotiche in cui mi ero imbattuto, come con Raphael, Sai Baba, Amma e molti altri guru e dimenticare quel maestro con barba e turbante che sembrava mago merlino nel cartone animato della Disney, o seguire il suo consiglio, prendere un aereo per Cipro, il quartier generale dei Sufi Naqshbbandi, ed incontrare la figura semi-mitologica di Maulana per farmi iniziare da lui stesso alla Tariqua (confraternita) Naqshbbandi.

Ovviamente propesi per la seconda. Non senza incertezze però, mi consultai con Petulia  passammo un intera nottata a capire se aveva un senso o era un’altra avventura delirante in cui mi stavo imbattendo. E poi c’era il bambino (la nostra secondogenita non era ancora nata), il lavoro che non andava particolarmente bene, il viaggio era impegnativo anche dal punto di vista economico… Ci guardammo e complici dicemmo a noi stessi che nella vita certe esperienze si presentano per una ragione molto importante e in momenti precisi. Fare finta di niente e rimanere intrappolati nella propria grigia routine scartando tali possibilità come si scartano i frutti troppo maturi ci avrebbe precluso la Visione di quel qualcosa di più, di quell’Oltre che da una vita stavamo cercando. “Vai” mi disse e “lasciati stupire.”

Alzai il telefono e chiamai il mio amico e collega Fabio dicendogli: “Devo andare a Cipro ad incontrare un maestro Sufi che mi deve dare un nome spirituale, vieni con me?”

“Certo”, rispose di pancia, il mio ardito compagno!

Dopo un mese circa ci incontrammo a Bologna e salimmo sul volo diretto a Cipro.

Cipro è un isola tagliata in due: una parte greca e l’altra turca. Conoscendo vagamente i trascorsi tra queste due etnie ti lascio immaginare come se la passano in quell’isoletta più piccola della Sardegna e spaccata a metà dalla cosiddetta Linea Verde dal 1974 dopo che la Turchia ha autoproclamato che la parte nord dell’isola le appartiene dato che la popolazione è prevalentemente turca e ad oggi è la sola nazione a riconoscerne l’indipendenza dalla Grecia.

Fabio ed io atterrammo nella parte greca dell’isola, non ci sono aeroporti civili in quella turca, passammo una notte in una simpatica località turistica poco distante dall’aeroporto che non aveva nulla di diverso da un tipico paesino greco con hotel, locali, ristoranti colorati di bianco e blu e orde di turisti che si aggiravano ebbri per le vie.

La mattina seguente, dopo una bella sbornia e una nottata passata a raccontarci aneddoti di vita vissuta, sogni e paure, io spiegai un foglietto che avevo conservato nel portafogli con le indicazioni che mi lasciò un ragazzo conosciuto al seminario di Shaykh Burhanuddin il mese prima. Sul foglietto campeggiava la scritta “Lefke”!

Lefke era un piccolo paese disperso sulle montagne della zona nord di Cipro, quella turca ovviamente,  per raggiungere il quale sarebbe stato necessario attraversare la famigerata Linea Verde.

Prendemmo un moderno autobus e osservammo a metà tra l’inebetito e il trasognato l’aspro paesaggio mediterraneo colorato di profumi greci sgattaiolare di lato dietro i finestrini; direzione Nicosia la capitale. 

Nicosia è una meno nota Berlino prima dell’1989. Si perchè anche in questa controversa cittadina cipriota a metà, tra cultura araba e occidentale, si staglia imponente un muro di cemento e filo spinato che divide i due popoli.

Noi arrivammo in questa città increduli di incontrare nel 21 secolo in Europa scenari militari e barricate fatte di materiali improbabili che di fatto tagliavano città ed isola in due; e al solito a dirimere la disputa eleganti soldati in blu dell’ONU dai volti obbedienti e tutt’altro che intelligenti.

L’occidente si infrange su quel muro, dall’altra parte il paesaggio è completamente diverso: edifici, abbigliamento, volti e persino la moneta nella zona turca non è l’Euro bensi la Lira turca.

Sbrigate le formalità alla “frontiera” prendemmo un attempato e squinternato taxi. Mostrammo il foglietto all’uomo alla guida: “Lefke” il tassista ci guardò, sfoggiò un sorriso sdentato degno di uno dei protagonisti di un film di Kusturika e disse: “Maulana, Maulana, Maulana”  L’uomo si mise a guidare fischiettando su lunghe lingue di asfalto demodè che lentamente si lasciavano dietro l’odore di frontiera, contrabbandi e soprusi della città per inerpicarsi sulle dolci e placide montagne tra le quali svetta un monte alto quasi 2000 mt, l’Olimpo, omonimo del celebre monte che si trova invece nel continente greco.

Dopo cinque o sei ore di scomodo viaggio cullati dai cigolii assordanti del rottame sul quale eravamo imbarcati, entrammo in Lefke. Il paesino, un piccolo centro abitato semi-medioevale con circa due o tremila anime, abbarbicato sulle colline domina il mare in direzione delle coste turche.

Il tassista ci lascia nei pressi della Derga (centro spirituale) di Maulana, riconoscibile perché tutt’intorno non si vedono altro che uomini barbuti con turbanti, tendenzialmente verde e donne con il velo. 

L’arrivo è molto ruvido, la Derga è un edificio principalmente di legno, essenziale e monastico con qualche parete di muratura scalcinata. All’interno un grande spazio per cucinare e mangiare popolato da attenti gatti variopinti, uno spazio spartano per lavarsi e fare le abluzioni, ed un’altro grande luogo per la preghiera e i discorsi del Maestro diviso in due aree: quella maschile e quella femminile. Una parte della Derga era la modesta abitazione di Maulana e famiglia.

Il luogo ricordava molto alcune città indiane come Gokarna o Tiruvannamalai, e lo spirito delle persone che incontrammo era della medesima qualità: gente con occhi grandi di chi si lascia ancora meravigliare, gente sorridente, semplice, disponibile e amichevole. Le insidiose formalità della vita moderna sembravano lontane anni luce.

Ad attenderci il ragazzo che mi aveva lasciato le indicazioni al seminario in Italia, Suleyman un simpatico e irriverente giovane derviscio che era già lì da tempo a svolgere il proprio lavoro spirituale. Con un sorridere servizievole e amabile come di un vecchio amico che rincontri con piacere dopo tanto tempo ci spiegò tra il serio e il faceto come funzionava la vita nella Derga.

In quel luogo incontrammo dervisci da tutto il mondo, ogni gruppo portava turbanti di colore diverso, c’erano Russi, Cinesi, Spagnoli, Tedeschi, Indiani e molti italiani…. Ognuno con storie incredibili da raccontare e tutti accomunati da un profondo amore per il Maestro, per la vita e inebriati di Dio…

È proprio in quel luogo che sentii per la prima volta la storia dell’incontro tra Gurdjieff e Grandshaykh da uno di loro, Shaykh Jamaludin uno dei più vecchi discepoli italiani di Maulana anche lui ormai ritenuto un maestro.

A quel tempo Maulana era già molto vecchio e stava su una sedia a rotelle, la sera però quando faceva il suo discorso nella sala di preghiera attorniato da tutti i suoi allievi cosmopoliti come uso nella tradizione Sufi, si infervorava e sprizzava una pulsante luce da quegli occhi ormai stanchi. La mattina si faceva portare con l’automobile a vedere il suo amato mare e una vasta stola di bambini sorridenti correva scalza dietro al veicolo perché dai finestrini egli lanciava loro manciate di coloratissime caramelle e dolciumi.

I sermoni erano in inglese infarciti da una moltitudine di parole arabe che risultavano quasi incomprensibili per Fabio e me. Sembrava parlasse in modo violento e poco spirituale, noi eravamo perplessi iniziammo a criticare con il carico di pregiudizi con i quali eravamo giunti, ma dopo un paio di giorni non davamo più alcuna importanza alle parole che erano chiaramente specchietti per le allodole e ci lasciammo inebriare da quella potenza d’amore che emanava da lui facendoci sentire tutti come quei bambini ai quali donava caramelle. Una sensazione di felicità e di gioia ci attraversò senza un motivo ben chiaro, ridevamo e condividevamo canti, balli e preghiere estenuanti con omoni barbuti, con i quali dormivamo tutti insieme; cinquanta, sessanta o forse più uomini su un assortimento di vecchi e logori tappeti persiani da preghiera in un unico stanzone maleodorante, accompagnati da una assordante melodia roca di russatori professionisti. Alle 4.30 del mattino tutti a pregare e cantare e poi di nuovo per altre 4 volte fino all’ultima preghiera della sera alle 22 circa.

Spesso la preghiera del mattino mi entrava nei sogni, non riuscivo ad alzarmi era, dolcissima un po come una ninna nanna ed era il momento più riposante della giornata.

Durante uno dei riti a cui presenziammo, Shaykh Jamaludin che intanto era divenuto il nostro mentore, mi spiegò che avrei ricevuto il nome spirituale. Io ero tutto orgoglioso che lo avrei ricevuto dal Gran Maestro in persona tanto che il mio io stentava ad essere contenuto su quella piccola isola. Sorpresa mi colse quando invece di Maulana si presentò il nipotino poco più che adolescente a guidare la cerimonia e nella confusione, l’odore acre di sudore, gli uomini tutti agghindati in abito tradizionale derviscio, i canti e i balli Fabio fu scambiato per me e venne dato a lui il nome spirituale. Il mio amico Fabio si ritrovò, da accompagnatore improvvisato ad iniziato all’ordine Naqsbandi in men che non si dica. Shaykh Jamaludin che si rese conto dell’accaduto, andò subito a chiarire la cosa, mentre io mi contorcevo dal disappunto e dallo sdegno: “Ma come è potuto accadere tutto ciò, proprio a me che sono così unico ed importante…” questi erano i pensieri che mi giravano per la testa. La cerimonia si ripetè e il nipote di Maulana diede anche a me iniziazione e nome.

Quella stessa sera tra ilarità e rancore per l’accaduto, stufi della liquida minestra marrone e insapore nella quale galleggiavano oggetti non meglio identificati servita alla Derga andammo a mangiare nell’unica osteria del paese con Fabio ed altri fratelli.

Dopo aver addentato e divorato uno squisito kebab speziato arrotolato in una pane senza lievito cominciai a sentire le budella contorcersi. Dapprima pensai al cibo ma ben presto quando tutti gli altri che avevano mangiato il mio identico cibo continuavano a discorrere amabilmente, temetti fosse qualcosa d’altro. Fabio ad un certo punto mi disse sei bianco come un morto, ti senti bene? Non esattamente risposi.

Rientrammo alla Derga dove si svolgeva non so quale rito o preghiera, mandai avanti gli altri e attesi fuori mentre il dolore si faceva sempre più atroce tanto da non permettermi nemmeno di stare in piedi. Mentre mi contorcevo sul selciato certo che sarei finito in qualche ospedale decadente e primitivo dove mi avrebbero aperto la pancia come una bestia con coltellacci da macellaio (mi avrebbero di certo mandato all’altro mondo mi ripetevo tra me e me) mi accorsi di essere proprio sotto la finestra di Maulana.

Erano ormai passate un paio d’ore da quando avevo iniziato a sentirmi male ed ero all’apice di una crisi dolorosissima, in lacrime e in una pozza di sudore. Guardai in alto e vidi una luce fioca nella stanza del Maestro. Ebbi come la sensazione che quel fragile corpo ormai stanco vegliasse, come un nonno che legge le fiabe ai propri bimbi, su tutti noi. Improvvisamente realizzai che mi era stato impartito un grande insegnamento, la mia “importanza personale” era stata fatta a pezzi. Io credevo di essere speciale e di aver diritto ad un trattamento speciale, invece al contrario venni messo da parte e ridimensionato. Tutto ciò mi fece volgere alla finestra e sussurrare: “Ho compreso l’insegnamento; ti prego fai cessare questo dolore, basta!” 

È difficile spiegare con le categorie della ragione, ma non appena terminai di pronunciare tali parole il dolore cessò all’istante. Non me ne facevo una ragione, ma intuivo che c’era lo zampino di Maulana. Tornai baldanzoso dai miei amici che erano in un cantuccio a chiacchierare, quando mi videro arrivare con un colorito umano chiesero: “stai meglio vero?” Si molto meglio risposi e raccontai loro la storia entusiasta, ma ancora una volta ricevetti un ulteriore insegnamento quando mi venne risposto, Maulana è solito fare di questi scherzetti e tutti iniziarono a raccontare la propria esperienza miracolosa con il Maestro

La mattina dopo Shaykh Jamaludin mi prese da parte e mi disse che mi avrebbe portato con lui in automobile ad incontrare personalmente Maulana one to one mentre si recava al mare per la sua passeggiata mattutina. Ci trovammo in una radura di fronte al mare, Maulana era stato fatto scendere per godere del panorama e dei profumi marini. Shaykh Jamaludin mi portò al cospetto di Maulana io avevo un milione di domande, paura di essere fulminato, dubbi, esitazioni, aspettative megalomani di essere insignito di non so bene quale carica…ma quando mi trovai di fronte a quel vecchietto in sedia a rotelle sepolto sotto un fitto strato di coperte, la mente si arrese ancora una volta. Shaykh Jamaludin disse rivolgendosi a Maulana: “Questo è (e gli disse il nome spirituale che mi aveva dato suo nipote). Egli mi guardò alzò semplicemente un sopracciglio con aria sorniona e non disse nulla. Io mi sciolsi ed è come se avessi ricevuto la risposta a tutte le mie domande, è come se tutte le mie paure fossero state placate, i miei dolori leniti. Ebbi la certezza che quell’espressione paterna volesse intendere: “hai capito adesso la lezione mio caro figliolo” tu non sei il centro dell’universo.

Questa è stata la mia sbandata per quel mondo mistico e misterioso, per quella esperienza autentica che è intrisa della saggezza che abita il simbolo dell’Enneagramma.  In quegli insegnamenti di vita vissuta la sua forza si incarna e tutta la sua potenza emerge. 

Il rischio, a mio avviso, è quello di rimanere lettera morta se imparata da un libro o da qualcuno che lo conosce solo dal punto di vista teorico ma non ne possiede le chiavi segrete per trasmetterlo al cuore delle persone.

L’Enneagramma abita là, in quel territorio  dove le categoria della ragione vengono fatte a pezzi e solo dalle loro ceneri è possibile far nascere una nuova consapevolezza, una nuova presenza e un nuovo modo di vedere, vivere e stare al mondo. 

Ma per accedervi è necessario lasciare ogni speranza e ogni certezza ed è per questo che la domanda fondante che ci si deve porre per iniziare il Lavoro è la seguente: “Sono pronto a tutto ciò?”

Da quel giorno non ho più dimenticato lo sguardo fanciullesco, intenso e sornione di Maulana che di lì a poco sarebbe passato a miglior vita. 

Sono rimasto indissolubilmente legato ai Sufi per mezzo di Shaykh Burhanuddin che ho continuato a frequentare e ad ospitare a casa mia numerose volte. Ho seguito i suoi insegnamenti, rimanendo in parte laico, e ho poi incontrato quella che è stata la sua compagna Hajjah Hamida, altra discepola storica di Maulana, grande esperta delle due ali dell’Enneagramma, quella psicologica e quella spirituale. Ho avuto la fortuna di approfondire con lei il Lavoro sull’Enneagramma e per questo motivo ci terrei ad esprimere tutta la mia riconoscenza e gratitudine per questa catena ininterrotta di Maestri grazie ai quali tale sapienza si è affacciata nella mia vita.

È così che la mia storia d’amore con questo simbolo e la sua tradizione ha preso forma.  Una storia iniziata molti anni prima in modo più distaccato e razionale con le letture, il lavoro con maestri di “danze”, poi l’incontro diretto con Claudio Naranjo e il suo programma SAT. Naranjo, psichiatra cileno è considerato il padre della visione moderna dell’Enneagrmma ed ideatore della terminologia degli Enneatipi, ci ha concesso l’onore di essere ospite a casa nostra in occasione di un convegno che organizzammo per lui a Lerici nel 2013 di cui sul nostro canale youtube puoi trovare la registrazione video.

Adesso insieme a Petulia che ha fatto l’intero percorso con me, seguendo gli stessi insegnamenti, dopo molti anni di seminari condotti grazie a numerosi allievi che ci hanno restituito la bellezza e al contempo la difficoltà di entrare in questa dimensione magica, abbiamo pensato che fosse giunto il momento di trasmettere questa nostra personalissima conoscenza dell’Enneagramma, che affonda le radici in tradizioni così antiche e ricche, con te che leggi questo libro. 

Tutto ciò che è impreciso e di ostacolo alla comprensione troverai in questo scritto è un nostro difetto, quello che invece di puro e cristallino riuscirà a raggiungerti, quello non ci appartiene, è la tradizione che attraverso di noi si manifesta e tocca il tuo cuore.

 

Ecco qui l’indice di cosa troverai nel libro che presto verrà pubblicato

 

INDICE

PARTE ZERO Affinità elettive

  1. Ringraziamenti
  2. Come Georges Ivanovič Gurdjieff apprese la scienza dell’Enneagramma 
  3. Il nostro incontro con il Sufismo e l’Enneagramma

PARTE PRIMA I fondamenti dell’Enneagramma

  1. Invito alla lettura
  2. Cenni storici
  3. L’Enneagramma simbolo di…
  4. Il Ricordo di sé
  5. Ego ed Essenza
  6. La pratica dell’auto-osservazione
  7. Personalità e Falsa personalità
  8. La metafora del palazzo a tre piani
  9. Il Meccanismo dell’identificazione
  10. La proiezione
  11. La legge della Risonanza
  12. Come si osserva se stessi
  13. Il meccanismo delle abitudini
  14. Modalità giocatore singolo
  15. Sforzo consapevole
  16. Il simbolismo della croce
  17. Dualità
  18. Tafakkur – La ricerca della Visione
  19. Le tre leggi fondamentali dell’Enneagramma
  20. Legge dell’uno o dell’amore
  21. Legge del tre o della creazione
  22. Legge del sette o dell’ottava
  23. La creazione dell’Ego
  24. Come ri-connettersi a se stessi 
  25. I sei livelli dell’Essere
  26. Le cinque illusioni dell’Ego
  27. I tre centri
  28. I sette tipi umano secondo Gurdjieff
  29. CONCLUSIONI

PARTE SECONDA Le nove sfumature dell’anima

  1. L’origine degli Enneatipi
  2. Esercizio di base – La Sveglia
  3. Le sei tendenze dell’Ego
  4. Il centro di gravità dell’Ego
  5. Il raggio di creazione
  6. I nove archetipi o attributi divini
  1. Enneatipo n.1 – IRA

passione; fissazione; virtù; idea sacra; immagine ideale; paura; meccanismo di difesa 

  1. Enneatipo n.2 – ORGOGLIO

passione; fissazione; virtù; idea sacra; immagine ideale; paura; meccanismo di difesa 

  1. Enneatipo n.3 – VANITÀ

passione; fissazione; virtù; idea sacra; immagine ideale; paura; meccanismo di difesa 

  1. Enneatipo n.4 – INVIDIA

passione; fissazione; virtù; idea sacra; immagine ideale; paura; meccanismo di difesa 

  1. Enneatipo n.5 – AVARIZIA

passione; fissazione; virtù; idea sacra; immagine ideale; paura; meccanismo di difesa 

  1. Enneatipo n.6 – PAURA

passione; fissazione; virtù; idea sacra; immagine ideale; paura; meccanismo di difesa

  1. Enneatipo n.7 – GOLA

passione; fissazione; virtù; idea sacra; immagine ideale; paura; meccanismo di difesa

  1. Enneatipo n.8 – LUSSURIA

passione; fissazione; virtù; idea sacra; immagine ideale; paura; meccanismo di difesa 

  1. Enneatipo n.9 – ACCIDIA

passione; fissazione; virtù; idea sacra; immagine ideale; paura; meccanismo di difesa 

CONCLUSIONI